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Apple e lo sfruttamento minorile in Cina
Offerte in anteprima per teUna piaga che colpisce alcuni Paesi del Mondo: lo sfruttamento minorile da parte di alcune fabbriche che si occupano della produzione di componenti per Apple. Stavolta é stata la stessa casa di Cupertino a denunciare lo sfruttamento: sono centosei i bambini, di età inferiore ai 16 anni, che prestano il loro lavoro in questi stabilimenti.
I casi sono stati segnalati alle autorità nazionali ed è stata la stessa Apple a sottolineare che ora i bambini non lavorano più: prima di essere assunti erano stati muniti di documenti falsi. Il caso più eclatante in Cina, dove lavoravano, illegalmente, 74 bambini su 106 impiegati, sottomessi all’autorità dei grandi capi che speculano senza un briciolo di umanità.
Purtroppo non é facile dare una mappa esatta di quello che é lo sfruttamento minorile nel mondo, nel campo dell’elettronica, non esistono statistiche complete perche purtroppo, oltre ai datori di lavoro, anche i governi non di rado si rifiutano di ammetterne addirittura l’esistenza. In un rapporto Apple relativo al 2010, pubblicato anche sul quotidiano Guardian, nonchè presente sul sito della compagnia, viene sottolineato inoltre che 137 dipendenti cinesi hanno presentato sintomi da avvelenamento da n-esano, una forte soluzione solvente che mette a rischio di gravi neuropatie chi lo maneggia senza le dovute precauzioni.
Sempre sullo stesso rapporto, viene sottolineato che soltanto meno del 30% delle fabbriche cinesi che rifornisco Apple rispetta il codice dell’azienda che impone un massimo di 60 ore di lavoro e un giorno di riposo al minimo. Inoltre, sempre l’azienda di Cupertino, ha dichiarato di aver introdotto controlli più severi dopo la scoperta dell’impiego illegale di ragazzini. Addirittura una scuola aveva organizzato l’impiego di adolescenti e fornito loro documenti falsi, mentre un appaltatore dell’azienda ha perso il suo contratto dopo che nella sua fabbrica sono stati scoperti a lavorare 42 bambini.
Infine, come non segnalare Foxconn, l’azienda cinese divenuta celebre non tanto per la sua partnership con Apple quanto per il numero impressionante di suicidi negli anni. L’ambientalista Ma Jun, fondatore dell’Istituto per gli Affari pubblici e Ambientali in Cina, sottolinea quanto sia stato positivo che Apple abbia riconosciuto il problema, ma come la Melamorsa sia ancora restia ad accettare il controllo del pubblico: lo dimostra il fatto che i nomi di alcuni fornitori della Apple non siano stati minimamente menzionati nel rapporto. Altri ancora sostengono che il rapporto sia soltanto un metodo pulire il fango che rischiava di coprire la propria immagine, e non frutto di un genuino sforzo per la difesa dei diritti dei lavoratori.